I social hanno cambiato (per sempre?) il linguaggio dei giovani

Quella del titolo vi sembra una banalità? Forse perché siamo tutti talmente immersi in un mondo praticamente plasmato dai social network da non fare più caso ai cambiamenti in atto ormai da tempo, soprattutto se si parla di linguaggio.

Sembra ieri, eppure è passato già molto tempo da quando il problema principale del linguaggio dei giovani sembrava la loro mania di abbreviare le parole, usando cacofonici "xké" o poetici ma stringatissimi TVB. Una questione di fretta? O una necessità generata dal numero limitato di caratteri degli (un tempo) costosi SMS? Fatto sta che quel modo di scrivere è stato praticamente abbandonato dalle nuove generazioni, sostituito da espressioni e acronimi che ai meno giovani sembrano addirittura illegibili. Ecco alcuni dei cambiamenti più eclatanti nel linguaggio e in generale nella comunicazione dei Millennials (e non solo), molti dei quali introdotti dai social network.

L'uso degli acronimi

Come accennato sopra, gli acronimi un tempo più comuni come TVB sono stati quasi totalmente abbandonati dalle nuove generazioni, che li hanno rimpiazzati con i "cugini" angloamericani. Se non frequentate assiduamente la Rete, vi creerà non poca confusione l'incontro con espressioni come ASAP, LOL, AKA e OT. Sì, perché la caratteristica più evidente del nuovo linguaggio mutuato dai social network è la sua apparentemente inarrestabile deriva verso l'inglese (americano, il più delle volte). Così si userà ASAP (As Soon As Possible) invece di "prima possibile", LOL (Laug out loud) invece di "sto ridendo forte", AKA (As Known As) invece dell'ormai vetusto "alias" latino e OT (Off Topic) al posto di "fuori tema".

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Gli inglesismi e le conseguenti neoformazioni ibride

Sull'opportunità o meno di usare parole inglesi e derivate (o più in generale i cosiddetti forestierismi) nella lingua italiana è in corso un dibattito che probabilmente non avrà mai fine. Fatto sta che l'utilizzo di parole straniere ha precise motivazioni nell'evoluzione delle lingue, scritte ma soprattutto parlate, ed è un fenomeno del tutto naturale e privo di qualsiasi valenza positiva o negativa.

I motivi per cui l'italiano, specialmente quello dei giovani, sta accogliendo così tante parole angloamericane, possono essere legati ad una necessità di nominare cose e idee nuove che non hanno ancora un corrispettivo nella nostra lingua (ci riferiamo qui soprattutto alle invenzioni tecnologiche che arrivano a getto continuo dalla Silicon Valley, e che in molti casi rischiano di essere ormai superate nel momento in cui la lingua di arrivo ha trovato un termine per definirle), o alla volontà di impiegare un linguaggio più espressivo. Scambieuropei.info, a tal proposito, evidenzia come l'inglese sia spesso utilizzato per esprimere "sfumature semantiche diverse (es. l'inglese in italiano evoca idee di efficienza e modernità, è cool)". Un'ultima motivazione può essere legata alla pigrizia dei parlanti, che adottano, tra due possibili traduzioni di uno stesso termine, quella più breve ed immediata.

Molti termini, però, non vengono solo accolti nel linguaggio dei giovani, soprattutto parlato (anche se la distinzione tra scritto e parlato si fa sempre più labile). Le parole inglesi vengono sempre più spesso utilizzate come base per nuove formazioni linguistiche "ibride". Ne è un esempio lampante la tendenza, sempre più frequente nelle nuove generazioni, ad utilizzare verbi inglesi con desinenze italiane. Vi dice niente il verbo "googlare"? Stessa sorte hanno subito neoformazioni come quotare, postare, flexare, lovvare, drinkare, spoilerare e molti altri, che vengono utilizzati quotidianamente sulle piattaforme social ma anche nell'ambito della colloquialità, e che a chiunque abbia meno di vent'anni sembrano espressioni di una lingua sconosciuta.

La semplificazione del pensiero

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In generale si può dire che il linguaggio delle nuove generazioni vada verso un'estrema semplificazione e informalità. Alessandra Perotti, writer coach, denuncia: "Quello che sembra si stia perdendo davvero è la capacità di argomentare, formulare e poi esprimere un pensiero critico, comprendere un testo, saperlo riassumere e poi esporre con chiarezza, decodificare la lingua e usarla per quello che è: uno strumento di comunicazione per relazionarsi con gli altri." Che la semplificazione del linguaggio si stia traducendo velocemente in impoverimento del pensiero?

Le motivazioni di questa semplificazione estrema del linguaggio possono essere ricercate nella velocità dei mezzi utilizzati, media nei quali l'attenzione media dell'utente dura circa 8 secondi, o nella mancanza di rilettura dello scritto, che viene immediatamente trasmesso attraverso piattaforme di messaggistica (appunto) istantanea. L'abitudine di esprimere il più velocemente (e brevemente) possibile il proprio pensiero può nascere anche dalla necessità di ritagliarsi il proprio minuscolo spazio comunicativo in un mare magnum di informazioni che rischiano di inghiottire qualsiasi testo più lungo dei famosi 140 caratteri.


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