Restare a casa in questi giorni è un comportamento responsabile nonché l’unica azione possibile, per molti di noi, per limitare la diffusione del contagio da coronavirus e le problematiche ad essa collegate. Se stare a casa ci mette praticamente al sicuro dal virus, non basta però a proteggerci da un altro contagio, più subdolo e quasi impossibile da arginare: quello delle fake news.
Se le notizie relative al coronavirus corrono veloci, le fake news sembrano correre molto di più e propagarsi in maniera esponenziale attraverso la Rete. Forse non c’è mai stata una proliferazione di notizie false paragonabile a quella a cui stiamo assistendo in questo periodo, complici la scarsa conoscenza del virus che cerchiamo di combattere, sul quale si può ancora dire tutto e il contrario di tutto, e la paura che rischia di alterare la capacità di giudizio.
La spiegazione di come e perché nasca una fake news viene dal dottor Roberto Nicoletti, professore di psicologia cognitiva a Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Bologna, che a Repubblica rivela: “L'intenzione può essere di due tipi: positiva, se la notizia riguarda ad esempio un modo per curarsi o non farsi contagiare dal nuovo virus, si sente il bisogno di dirlo ad amici e parenti; oppure negativa, si condivide una notizia per imporre la propria leadership, dimostrare che si sa più degli altri e che si ha accesso a fonti che gli altri non conoscono, confutando ciò che dicono.” Vi sarà certamente venuto in mente qualche messaggio ricevuto in questi giorni, nel quale si condividevano teorie sulla nascita e la diffusione del virus, sulle cure possibili o sulle misure restrittive adottate dal governo.
Una delle motivazioni è persino banale. Se ricevessimo una o due notizie al giorno, avremmo il tempo per analizzarle, verificarle e formulare un giudizio su di esse. Ricevendone centinaia, se non migliaia, da fonti varie, rischiamo di accoglierle tutte passivamente, in maniera superficiale e senza il necessario spirito critico.
Un altro motivo per cui tendiamo a dar credito a notizie che si rivelano clamorosamente false è la frequenza con la quale siamo loro esposte. Nicoletti spiega: “Esiste un principio noto nella comunicazione secondo cui, se una persona sente o legge la stessa cosa per circa 10 volte, nella sua mente diventa automaticamente un verità, soprattutto se le fonti che la comunicano sono diverse.” In questi giorni, complice il maggiore tempo libero a disposizione e la più assidua frequentazione dei social network, ci capita di imbatterci in una stessa notizia anche più di dieci volte, col risultato che una banale inesattezza rischia di diventare una bufala bella e buona.
Smentire una fake news, oltre a non impedirne la continua condivisione, è spesso faticoso e quasi rischioso all’interno di meccanismi sociali ormai consolidati. Un banale esempio: riceviamo una notizia palesemente falsa su un gruppo WhatsApp nel quale ci sono molte altre persone, con le quali abbiamo un rapporto più o meno confidenziale. Smentirla e interromperne la diffusione richiede al contempo un’accurata documentazione per la fase di verifica, nonché una presa di posizione che rischia di diventare scontro aperto con la persona che ha condiviso la notizia. Dire a qualcuno che ha preso un granchio e sta contribuendo alla proliferazione di fake news non è sempre né facile né bello. Ma ora più che mai diventa necessario.
Le declinazioni delle fake news apparse in questi giorni in Rete sono praticamente infinite, ma abbiamo qui raccolto quelle più frequenti e anche quelle più bizzarre, di fronte alle quali non si può fare che esclamare: com’è possibile che qualcuno ci abbia creduto e l’abbia condivisa?
Questa notizia, oltre che palesemente falsa, è molto pericolosa per i nostri amici a quattro zampe. Sono moltissimi gli episodi di abbandono che si sono verificati dall’inizio dell’emergenza, sebbene non ci sia alcuna evidenza scientifica della possibilità che il coronavirus sia trasmesso dagli animali domestici.
I bambini possono essere infettati e trasmettere il virus come gli adulti, anche se ci sono pochi casi segnalati. Stessa cosa vale per gli extracomunitari. Approfittare di una situazione grave come quella che stiamo vivendo per alimentare la solita retorica contro i migranti è davvero fuori luogo, oltre che sintomo di disinformazione.
Sarebbe bello potersi affidare ad un così semplice rimedio della nonna, ma purtroppo in questo caso la soluzione non è nell’assunzione di cibi (o farmaci) particolari, perlomeno non ancora.
Chiunque abbia diffuso un’informazione del genere non si rende conto dell’estremo pericolo al quale ha esposto chi la riceva. Non solo un simile rimedio non è affatto efficace contro il contagio da coronavirus, ma si tratta di una pratica pericolosa e potenzialmente mortale! Da non provare in nessun caso.
Le teorie del complotto non mancano mai. Specialmente in questo caso, in cui si ha a che fare con un oggetto di studio praticamente sconosciuto, non fanno che proliferare e diffondersi. Molto accreditata (e, neanche a dirlo, completamente fasa) è la tesi secondo cui il virus sarebbe stato creato in laboratorio da scienziati cinesi che ne hanno poi perso il controllo e lo hanno diffuso tra la gente (per sbaglio? Forse no).
Chiudiamo con quella che, più che una fake news, sembra una vera e propria barzelletta. Speriamo di strapparti un sorriso e di ricordarti quanto sia importante selezionare accuratamente le fonti da cui ci si informa, soprattutto su temi così importanti. L’immagine vale più di mille parole.
Quali sono le più assurde bufale che hai ricevuto in questi giorni? Come ti stai informando per evitare di essere travolto dall’onda di informazioni non verificate che si è indissolubilmente legata all’emergenza coronavirus? Raccontacelo nei commenti.
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