Ambiente: a che punto siamo?

“In questi ultimi due anni il mondo ha emesso anche oltre 80 miliardi di tonnellate di CO2. Abbiamo assistito a continui disastri naturali in tutto il mondo. Molte vite e mezzi di sussistenza sono andati persi, e questo è solo l’inizio.”

Non teme certo di scatenare il panico la giovane e determinata Greta Thunberg, si potrebbe anzi dire che è proprio quello il suo scopo. Purtroppo, allo stato attuale delle cose, sembra che né il panico né una maggiore consapevolezza siano riusciti a trovare posto nelle agende dei Paesi più inquinanti. A due anni dal primo sciopero per il clima, i venerdì senza scuola che prima del Covid erano diventati un evento replicato in ogni parte del mondo, l’ambientalista svedese non vede ancora abbastanza preoccupazione nei leader mondiali, men che meno azioni risolutive.

Le parole sopra citate sono riportate nella lettera aperta che Greta Thunberg e altri giovani impegnati nell’attivismo ambientale hanno affidato al Guardian. Mentre scrivevano queste parole, migliaia di tonnellate di petrolio inquinavano le acque cristalline delle Mauritius.

“I pacchetti di salvataggio dei governi del G20 stanno fornendo un sostegno significativamente maggiore ai combustibili fossili che all’energia a basse emissioni di carbonio”, accusa la Thunberg. Gli investimenti sui combustibili fossili sono dunque visti come una forma di negazionismo del riscaldamento globale, che viene così relegato in fondo alla lista dei problemi da affrontare, nonostante sia invece una questione di primaria importanza.

L’ambiente e il Covid

Gli esperti sono d’accordo nel commentare positivamente la ridotta emissione di CO2 legata alla pandemia. Ma, sottolineano unanimemente, un breve periodo di pausa non basta ad un Pianeta messo a durissima prova ormai da decenni. Le azioni dei governi devono essere più incisive e su larga scala per cercare non di fermare, ma perlomeno di rallentare il riscaldamento globale e le sue pesanti conseguenze.

I piani di ripresa economica sono da molti messi in discussione per la loro scarsa o nulla attenzione al dato ambientale. Il pericolo, in pratica, è che il tentativo di far ripartire le economie mondiali si traduca in un ancora peggiore inquinamento e in un più vasto sfruttamento delle risorse naturali. Con il rischio finale di non migliorare ma anzi peggiorare la situazione ambientale.


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