La playlist perfetta (e non solo): gli algoritmi e il segreto delle raccomandazioni su misura.

Michela Morelli

I social ne sono invasi. No, non parliamo delle foto degli alberi di Natale (sono invasi anche da quelle). Parliamo dell’ormai celeberrimo ed irrinunciabile Spotify Wrapped, il riepilogo annuale del servizio di streaming musicale che celebra le nostre più recenti ossessioni sonore (e ci dà anche un’età media in base agli ascolti, generando improbabili scontri generazionali e crisi d’identità). Che si tratti della playlist di Spotify o dei suggerimenti per i regali di Natale perfetti, ciò su cui ci concentriamo oggi è la personalizzazione. Quella capacità dell’algoritmo di farci esclamare “ma come faceva a sapere che mi sarebbe piaciuto?” Non è magia, è pura scienza del dato. L’algoritmo, il motore invisibile che ha trasformato il mondo digitale da un grosso catalogo ad un sarto su misura per ogni utente. Non possiamo svelarvi i suoi segreti (d’altronde chi è che lo conosce davvero?), ma proviamo a spiegarvelo.

L'architettura della persuasione: cosa sono i sistemi di raccomandazione

I sistemi di raccomandazione sono modelli matematici e statistici che analizzano grandi quantità di dati (i Big Data) con lo scopo di “indovinare” o meglio predire l'interesse di un utente per un prodotto, un servizio o un contenuto. Sono sempre più sofisticati e riescono ad interpretare comportamenti, riconoscere schemi ricorrenti e affinarsi ad ogni interazione.

Funzionano essenzialmente combinando queste tre strategie principali (contornate di molte altre):

  1. filtro collaborativo: è, in soldoni, il meccanismo alla base del dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, in pratica si basa sul concetto di similarità tra utenti. Se due utenti hanno espresso gusti simili in passato, nel futuro il sistema tenderà a suggerire ad A ciò che piace a B e viceversa. Lo riconosciamo da frasi come "chi ha comprato questo, ha acquistato anche...";

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  1. filtro basato sul contenuto: analizza caratteristiche e gusti dell’utente in base ai contenuti che ha consumato e con i quali ha interagito. Banalmente, a chi ha apprezzato contenuti fantascientifici con determinati attori tenderà a consigliare altri contenuti fantascientifici e/o con gli stessi attori.
  2. modello ibrido: è alla base della stragrande maggioranza dei sistemi moderni (come quelli usati da Amazon, Netflix o Spotify) e combina le due strategie precedenti per ottenere un’accuratezza senza precedenti e per agganciare e perfezionare anche i gusti e le abitudini dei nuovi utenti.

L'impatto misurabile delle raccomandazioni

Che questi sistemi funzionino è abbastanza evidente, ma non lo diciamo solo da consumatori che vedono l’impatto reale che tali metodi hanno sui nostri acquisti e consumi. La loro efficacia è misurabile, e l’impatto economico del loro successo è addirittura superiore ad ogni aspettativa.

Ecco solo un paio di dati per quantificare il fenomeno:

  • Netflix: un’iconica ricerca McKinsey & Company del lontano 2013 (How retailers can keep up with consumers) evidenziava che il 75% circa delle visualizzazioni sulla piattaforma di streaming si basava sui suggerimenti personalizzati forniti dagli algoritmi. Questa spintarella dell’algoritmo serve anche a minimizzare l’impatto negativo che l’eccessiva offerta di contenuti avrebbe su un consumatore indeciso e sopraffatto;
  • Amazon: il colosso dell'e-commerce generava nel 2013 (ce lo dice lo stesso report prima citato) oltre il 35% del proprio fatturato grazie alle raccomandazioni di prodotto. Qualcosa ci fa pensare che quei dati potrebbero persino essere cresciuti. La lezione è chiara: se gli utenti cercano sempre meno e si lasciano trascinare più facilmente da ciò che scoprono o che viene proposto loro, la capacità di anticipare il bisogno può fare tutta la differenza del mondo.

Etica, trasparenza e il futuro della fiducia

L'enorme potere predittivo degli algoritmi solleva ovviamente dibattiti e dubbi su questioni cruciali come l’etica e la trasparenza. Al di là delle logiche di profitto, che con questi sistemi sono destinate ad un successo inevitabile, quali sono i rischi concreti di un sistema che insegue la personalizzazione a tutti i costi?

Uno dei rischi principali è quello della costruzione della cosiddetta camera dell’eco, o echo chamber. L’algoritmo, per tenerci incollati alla piattaforma (che sia di streaming, di acquisti o che si tratti di social network) tenderà sempre più a rinforzare visioni e gusti dell’utente, riducendo drasticamente la sua esposizione a contenuti diversi o nuovi.

La piattaforma etica e trasparente può ovviare a questa problematica utilizzando modelli che non si limitino a sfruttare la correlazione tra i dati ma ne cerchino la causalità. In questo modo ci si assicura che non vengano portati avanti modelli, categorie, contenuti e suggerimenti che contengono errori, semplificazioni e/o discriminazioni. Questo approccio è sì data-driven, ma in modo responsabile.

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L’alleanza con la ricerca: massimizzare efficacia e responsabilità

Qual è il ruolo degli istituti di ricerca in questa giungla di Per te e Per me, e in questo prosperare di piattaforme piene di possibili camere dell’eco? Un partner come l’istituto di ricerca può giocare un ruolo fondamentale, agendo come ponte tra l’innovazione scientifica e la sua applicazione commerciale responsabile.

Ecco alcuni dei vantaggi offerti dalla collaborazione tra realtà prettamente commerciali ed orientate al profitto con gli istituti di ricerche di mercato:

  • sviluppo di nuove tecnologie avanzate per il profitto: testando nuovi modelli matematici, spesso non ancora disponibili commercialmente, si può andare oltre il filtro collaborativo e basato sul contenuto. Per fare un esempio, si può lavorare su modelli di reinforcement learning che ottimizzano le raccomandazioni non solo sull'interesse immediato dell'utente, ma anche sulla sua soddisfazione a lungo termine. Così facendo non si ottiene solo un cliente che compra o che guarda, ma un cliente soddisfatto con un alto livello di engament che guarda, compra e consiglia.
  • diversificazione e misurazione dell'impatto: gli istituti di ricerca possono essere un valido supporto nel definire metriche di successo che bilancino la precisione con la diversità e la novità, garantendo che le raccomandazioni non siano solo efficaci, ma che spingano anche gli utenti a scoprire contenuti ai quali non sarebbero mai stati esposti, stimolando così nuovi acquisti o nuove visualizzazioni.
  • identificazione dei bias: la ricerca è essenziale per condurre analisi di trasparenza sugli algoritmi esistenti. Gli istituti possono analizzare l'impatto dei sistemi di raccomandazione su diversi gruppi di utenti, identificando bias che potrebbero discriminare o rafforzare stereotipi.
  • sviluppo di contromisure: ponendosi come soggetti esterni, gli istituti possono proporre soluzioni che favoriscano l'equità algoritmica, ad esempio bilanciando la rappresentazione di generi musicali o di produttori meno noti. Questo approccio non solo migliora l'immagine etica dell'azienda, ma può anche aprire nuove opportunità di mercato tra utenti precedentemente ignorati dal sistema.

In sintesi, la collaborazione con la ricerca trasforma l'investimento in sistemi di raccomandazione da una semplice spesa tecnologica a una strategia che allinea il massimo profitto con la responsabilità etica e la fiducia a lungo termine dell'utente.


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