Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.
Sembra che Joseph Goebbels, gerarca nazista, avesse proprio ragione quando disse questa frase, diventata infatti una citazione famosissima e condivisa da migliaia di utenti in rete. Un’affermazione talmente vera...da non essere mai stata pronunciata!
Questo apparente paradosso è stato usato volutamente per far capire come le citazioni famose siano diventate tali per un passaparola reale e in seguito virtuale che le ha fatte accettare come verità assolute. La loro attribuzione, in molti casi, si perde nella notte dei tempi.
Ne abbiamo raccolte sette, famosissime ma mai dette (o dette in modo e con significati diversi) dai personaggi a cui sono state attribuite. Ne sentiremo delle belle.
“Anche tu, Bruto, figlio mio!” Secondo la tradizione queste sarebbero state le ultime parole di Giulio Cesare che, accoltellato dai congiurati nel 44 a.C., riconosceva tra i suoi assassini Marco Bruto, figlio non naturale ma persona a lui molto cara.
Svetonio, che potremmo considerare il colpevole di questa falsa attribuzione, prende in realtà le distanze dalla celeberrima frase. Racconta infatti che “Così fu trafitto da ventitré pugnalate, con un solo gemito, emesso sussurrando dopo il primo colpo; secondo alcuni avrebbe gridato a Marco Bruto, che si precipitava contro di lui: ‘Anche tu, figlio?’”. Secondo alcuni, che forse volevano aggiungere pathos ad una scena già drammatica di per sé.
La citazione, seppur inesatta, è comunque entrata nell’immaginario collettivo ed è diventata una locuzione (spesso nella sua forma abbreviata tu quoque) che sta ad indicare una fiducia mal riposta o la sorpresa che si prova in seguito alla scoperta di una scorrettezza da parte di persone che ritenevamo totalmente affidabili.
E se Galileo l’avesse detto davvero? Non lo sapremo mai, perché la celebre frase gli è stata in realtà attribuita dallo scrittore Giuseppe Baretti dopo più di cento anni, nel 1757.
Lo scienziato pisano fu trascinato, nel 1633, davanti al Tribunale dell’Inquisizione per aver sostenuto delle teorie astronomiche opposte a quelle accettate dalla Chiesa. Se questa rimaneva ferma sulle sue posizioni geocentriche, infatti, Galilei difendeva la teoria rivoluzionaria per cui era la Terra a girare intorno al Sole. Costretto all’abiura, avrebbe infine ceduto pronunciando le famose frasi tra loro contraddittorie: “Con cuor sincero e fede non finta, abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie. Eppur si muove”
È molto difficile credere che, se davvero questa frase fosse stata pronunciata, Galileo sarebbe stato liberato così facilmente dal Tribunale dell’Inquisizione. La famosa citazione, però, è stata tramandata forse con l’intento di sottolineare l’atteggiamento contraddittorio della Chiesa del tempo.
Sebbene possa farci comodo pensare che un grandissimo intellettuale come Niccolò Machiavelli abbia formulato questa teoria prima di noi, gli stessi suoi scritti dimostrano che le cose non sono andate così.
Nel suo trattato di dottrina politica Machiavelli elenca caratteristiche e comportamenti che porterebbero, in un regime ideale, al raggiungimento di nobili fini e al potenziamento dello Stato. Si esprime però in questi termini: “e nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati.” Il senso dell’affermazione è stato poi travisato ma soprattutto reso basso e grossolano.
La tradizione tramandata si è così rafforzata nel tempo che il povero Machiavelli si vede cucito addosso anche un aggettivo poco lusinghiero: machiavellico, ossia spregiudicato e subdolo.
È ormai comunemente accettata la tradizione per cui questa frase sarebbe stata detta, provocatoriamente, da Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena a chi le riferiva del popolo affamato che reclamava il pane. In realtà la citazione è attribuita da Jean-Jacques Rousseau, nelle sue Confessioni, ad una non meglio specificata principessa.
Non è possibile che a pronunciare queste parole sia stata Maria Antonietta poiché l’episodio riferito da Rousseau è collocato nel 1741, mentre la moglie di Luigi XVI nacque nel 1755 e arrivò in Francia solo nel 1770. L’intento della falsa attribuzione è stato sicuramente quello di screditare a posteriori una figura già poco popolare.
Una frase cult, usata spesso nei contesti più vari per indicare l’approssimarsi di una situazione spiacevole che non sappiamo come risolvere. La citazione è stata attribuita agli astronauti dell’Apollo 13 ed è diventata celeberrima in bocca a Tom Hanks nel film che narra dell’omonima missione. Ma nessuno l’ha mai pronunciata!
Il vero messaggio che è stato trasmesso al centro di controllo della missione dall’equipaggio recitava infatti: “Okay Houston, we’ve had a problem here”, che tradotto significa “Okay Houston, qui abbiamo avuto un problema” (sottinteso: e l’abbiamo risolto!). Gli astronauti, che erano perfettamente addestrati ad affrontare qualsiasi situazione di emergenza, riuscirono in effetti a cavarsela nonostante l’esplosione che ridusse la quantità di ossigeno nel modulo di servizio. Questo guasto però li mise fortemente a rischio ed impedì l’allunaggio, quindi qualcuno di loro, in quei momenti concitati, avrà certamente pensato “Houston, abbiamo proprio un bel problema!”
Pierre de Coubertin, grazie a questa frase che gli è stata erroneamente attribuita, è diventato nell’immaginario comune il paladino dello spirito sportivo. La citazione, però, dal bellissimo significato e che vale in ogni caso la pena di continuare a tramandare, è del vescovo Ethelbert Talbot. Questi la pronunciò in occasione delle Olimpiadi del 1908. de Coubertin non se ne prese certo il merito, ma anzi ne citò la fonte.
Questa frase, dal significato profondo e spesso sottovalutato, si trova citata ovunque, basta fare un giro sui social network. Ma ovunque, erroneamente, la si abbina al nome di Albert Einstein. A pronunciare queste parole non fu lo scienziato tedesco, bensì la scrittrice americana Rita Mae Brown nel libro Morte improvvisa del 1983.
Come la frase sia arrivata oltreoceano e sia finita in bocca ad Einstein è un vero mistero, fatto sta che la citazione è diventata ormai celebre ed è spesso presa come spunto per trattare argomenti di crescita personale.
Se conosci altre frasi che sono state tramandate in maniera errata o che sono state attribuite a personaggi che non le hanno mai dette, scrivicelo nei commenti!
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