La fase 2 è cominciata da meno di una settimana e il Paese è già infiammato da diverse proteste sul tema delle riaperture. Dal 4 maggio la ripartenza ha interessato perlopiù il comparto industriale, escludendo le attività di commercio al dettaglio, parrucchieri ed estetisti, bar e ristoranti. Sebbene alcune di queste attività siano potute ripartire a patto di rispettare rigidissimi protocolli di sicurezza, l’insoddisfazione di commercianti e imprenditori ha preso a serpeggiare in maniera incontrollata tra le regioni d’Italia.
La protesta più iconica è quella dei ristoratori di moltissime città d’Italia, i quali hanno simbolicamente consegnato le chiavi delle proprie attività ai sindaci. Il messaggio era chiaro: a queste condizioni, e dopo due mesi di chiusura forzata, non potremo praticamente più riaprire. Tanto vale arrendersi in partenza. Una provocazione alla quale si sono uniti anche chef stellati come il celebre Gianfranco Vissani. A preoccupare i ristoratori sono le misure di sicurezza da adottare in caso di riapertura anticipata. Per rispettare le distanze sociali minime si dovranno praticamente svuotare i ristoranti, dimezzandone a dir poco la capienza. I risultati sugli introiti e le conseguenti difficoltà economiche da affrontare sono lampanti anche ai non addetti ai lavori.
Al grido di “Se apriamo, falliamo!” si sono riuniti a Milano una cinquantina di commercianti, in rappresentanza di oltre duemila attività. Le sedie vuote posizionate davanti all’Arco della Pace sembrano destinate a rimanere vuote ancora per molto. Alfredo Zini, portavoce della protesta, ha commentato ai microfoni di Radio Lombardia: “Abbiamo incassi ridotti del 70% e rischiamo di non riaprire più. Non basta dire di usare il plexiglass per dividere i tavoli, vogliamo regole chiare perché viviamo di convivialità. A Milano molti bar e ristoranti sono ripartiti con il delivery o l’asporto ma non basta per coprire i costi e le utenze.”
Ad aggiungere la beffa al danno, c’è stata la sanzione che i commercianti hanno ricevuto in seguito alla protesta. La Polizia di Stato li ha multati della cifra di 400 euro per aver “costituito un assembramento”.
In tutta Italia, al coro di protesta di commercianti e ristoratori, si è unito quello di parrucchieri ed estetisti. I saloni, chiusi ormai da sei mesi, rischiano di dover aspettare quasi un altro mese per poter riaprire i battenti. Con norme di sicurezza, ancora poco chiare, da dover rispettare.
In seguito alle manifestazioni che si sono svolte in varie parti del Paese, si inizia a parlare di una possibilità di riapertura anticipata. A tenere sul filo del rasoio i professionisti resta però la situazione contagi, che dovrà essere monitorata in queste due settimane.
A Pesaro, una delle città marchigiane più colpite dall’emergenza Covid-19, è in corso una protesta silenziosa e pacifica relativa alle norme di sicurezza da rispettare per le riaperture di attività e locali stagionali. In tutta la zona mare, che allo scenario attuale risulterà la più colpita dalle restrizioni durante la stagione estiva, sono apparsi cartelli scritti a mano con la frase “Così provateci voi”: a riaprire, a far quadrare i conti, a tenere in piedi un’economia fortemente turistica e a mantenere alto il morale.
Se lavori in uno dei settori ancora colpiti dalle restrizioni, come ti stai organizzando per la riapertura? Raccontacelo nei commenti.
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