Infodemia o epidemia di informazioni: il vero pericolo non è il virus...

L’emergenza coronavirus, che la sta facendo da padrone nei notiziari di mezzo mondo e da una settimana è l’argomento principe di qualsiasi medium italiano, è stata definita la prima epidemia social. Perché? Sicuramente è la prima epidemia che nei tempi recenti ha riguardato così da vicino il nostro Paese, con un numero importante di contagi a livello nazionale. Ma più che il virus, a diffondersi è stata una babele di notizie, approfondimenti, servizi, informazioni vere e false che si sono mescolate e sono rimbalzate su ogni social esistente.

La continua ed indiscriminata condivisione di informazioni sul coronavirus, in molti casi da parte di persone che ahinoi non posseggono i mezzi per distinguere le evidenze scientifiche dalle bufale, ha provocato un’ondata di panico ingiustificato. L’allarmismo ha creato le situazioni di cui tutti siamo stati testimoni: mascherine e gel disinfettanti introvabili su tutto il territorio nazionale (anche dove non sono stati registrati contagi), supermercati svuotati come nell’imminenza di una grave carestia alimentare, condannabili azioni razziste nei confronti di presunti untori.

L’allarmismo

Quasi ognuno di noi ha ricevuto, sul proprio account Whatsapp, link e audio di dubbia provenienza che raccontavano situazioni allarmanti legate a presunti contagi. Gli audio, insieme ai video e alle discussioni, pretendevano di raccontare dal punto di vista delle persone comuni l’emergenza, accendendola però di toni allarmistici che hanno giustamente innescato la psicosi. Comuni cittadini e anche testate online si sono sentite in dovere di registrare, e successivamente diffondere, immagini di possibili contagiati che venivano isolati dall’ambiente esterno tramite tute e mascherine, trasporti in ambulanze appositamente allestite e molto altro. Scene che fanno parte di un protocollo operativo che può essere considerato giusto e normale per la situazione, ma che alimentano un clima di ansia e pericolo.

Nei giorni scorsi, a proposito dell’allarmismo, è balzato all’onore delle cronache il dibattito, per non dire scontro, tra la dottoressa Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Macrobiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano e il virologo Roberto Burioni. Alla dottoressa, che stremata si è sfogata sui social dicendo che è “una follia” scambiare “un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”, Burioni ha risposto chiedendo di riguardare i dati in prospettiva e non minimizzare i pericoli nascosti dietro un aumento incontrollato dei contagi.

Ciò che dovrebbe ridimensionare l’allarmismo è quel che dice Walter Ricciardi dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). “Il Paese deve essere unito nelle sue decisioni per fronteggiare i focolai. Tutte le misure prese vanno nella direzione giusta. Bisogna ridimensionare questo grande allarme. È una malattia da non sottovalutare [...] Su 100 persone malate 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario, il 5% è gravissimo, di cui il 3% muore. Peraltro sapete che tutte le persone decedute avevano già delle condizioni gravi di salute. Si stanno prendendo tutte le misure necessarie e vi è accordo totale con l’Organizzazione mondiale della sanità e con l’Unione europea”.

Articoli introvabili e speculazione

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Un fenomeno che si è verificato nel corso di questa emergenza, e che essendo vergognoso è stato immediatamente attenzionato dalle associazioni dei consumatori, è la speculazione che è stata fatta riguardo ad articoli che in questi giorni sono diventati irreperibili. Due su tutti: il gel disinfettante per le mani e le mascherine. Per quanto dottori e virologi si siano premurati di raccomandare l’utilizzo delle mascherine solo a chi ritiene di essere realmente esposto al contagio o di aver già contratto il virus, la corsa alle mascherine non si è fatta attendere. In tutta Italia, persino nelle zone nelle quali non è stato registrato alcun contagio, la scritta “mascherine esaurite” campeggia praticamente su tutte le vetrine delle farmacie. L’acquisto incontrollato e spesso immotivato ha causato due gravi problemi:

  1. i prezzi delle mascherine vendute online sono lievitati in maniera spropositata, finendo comunque sold out dopo poche ore;
  2. la popolazione della zona rossa intorno a Codogno, alla quale è stato vietato di frequentare luoghi pubblici come i supermercati senza mascherine e guanti, si è vista in molti casi sprovvista dei dispositivi di protezione e ha avuto difficoltà anche nel procurarsi il cibo.

Stesso fenomeno ha colpito il gel disinfettante, che da una cifra di vendita che si aggirava intorno ai 2 euro è arrivata addirittura ai 200 su alcuni portali online. Per fortuna il colosso Amazon si è mosso tempestivamente e ha rimosso gli annunci oggetto di pesanti ed evidenti speculazioni. La procura di Milano ha inoltre aperto, pochi giorni fa, un’indagine con l’ipotesi di “manovre speculative su generi di prima necessità”.

Cosa pensi del modo in cui il nostro Paese sta affrontando l’emergenza coronavirus? Cosa miglioreresti nel modo di comunicare la situazione che i media e i politici stanno utilizzando nei confronti dei cittadini? Dicci il tuo punto di vista nei commenti.


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