Contact tracing: viene prima la sicurezza o la privacy?

Cos’è il contact tracing? Se ne sta sentendo parlare tanto in questi giorni, un’espressione spesso associata all’app Immuni che dovrebbe aiutare a tracciare velocemente le persone venute in contatto con i contagiati da Covid-19. Il contact tracing è proprio questo: un processo di identificazione delle persone che potrebbero essere venute a contatto con una persona infetta e la successiva raccolta di ulteriori informazioni su tali contatti.

L’obiettivo di questo tracciamento è identificare tempestivamente i soggetti che potrebbero dar vita a nuovi focolai di infezione, permettendo di intervenire con sanificazioni, isolamenti sociali e altre misure volte ad interrompere la catena del sondaggio.

Obiettivi ambiziosi, che potranno essere raggiunti solo con una pianificazione attenta e lungimirante degli strumenti utilizzati. In Italia lo strumento sarà l’ormai celebre app Immuni. Mentre si parla di un lancio dell’applicazione posticipato a giugno, non si placa il dibattito sul suo funzionamento e sui rischi che questa comporterebbe per la privacy dei cittadini.

L’app Immuni: come funzionerà

È ormai ufficiale: scaricare l’app e utilizzarla nei propri spostamenti non sarà obbligatorio come si era vociferato in una prima fase di progettazione. L’uso dell’app rimarrà facoltativo ma è fortemente raccomandato nell’ottica di una collaborazione tra Stato e cittadini e nell’identificazione più veloce possibile dei nuovi focolai di contagio, indispensabile per il superamento della fase 2.

Come funziona? L’app, grazie alla quale si può monitorare il proprio stato di salute annotando la presenza o assenza di sintomi legati all’infezione da Covid-19, emette continuamente un segnale Bluetooth al quale è legato un identificativo di prossimità. Quando due utenti si avvicinano, l’app registra l’identificativo di prossimità di entrambi, la distanza e la durata nel contatto. Se uno dei due risulta positivo al Coronavirus, gli operatori sanitari scaricano i dati relativi ai contatti del contagiato e possono stabilire la probabilità di un avvenuto contagio e agire di conseguenza.

A preoccupare i futuri utenti è stata, e continua ad essere, la gestione dei dati sensibili. Bending Spoons, l'azienda che sta sviluppando Immuni, ha specificato innanzitutto che non si tratta di un’app di tracciamento degli spostamenti, come molti pensano. Gli identificativi di prossimità sono generati in maniera casuale e cambiano di ora in ora, senza che questi vengano registrati dall’app. Soltanto in caso di accertata positività il singolo utente potrà caricare i dati relativi ai possibili contagi e nessun altro dato sensibile. Non essendo registrato alcun dato personale, l’app permette quindi di stabilire solo se è avvenuto un contatto tra utenti, ma non il luogo né chi siano effettivamente i due utenti. È stato inoltre reso noto che i dati salvati sullo smartphone saranno criptati, leggibili solo dal Ministero della Salute. Questi saranno inoltre cancellati obbligatoriamente entro la fine del 2020.

Il dibattito sulla privacy: esistono alternative?

I non addetti ai lavori potrebbero trovarsi spaesati davanti a questa quantità di informazioni e al loro tecnicismo. Ciò che accomuna quasi tutti i cittadini sul tema delle app di contact tracing è però la volontà di non cedere i propri dati personali se non per una giustissima causa e con una loro gestione attenta. A tal proposito due big come Apple e Google hanno messo dei paletti agli sviluppatori delle app. Il loro utilizzo dovrà essere legato esclusivamente alla tecnologia bluetooth e sarà vietato qualsiasi tracciamento con Gps. Sì quindi alla registrazione della prossimità tra due utenti, no categorico alla loro geolocalizzazione.

Nonostante le informazioni a disposizione, restano molti i nodi da sciogliere sull’app Immuni e sul suo effettivo utilizzo. Si guarda intanto a quello che stanno facendo gli altri Paesi del mondo.

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La Corea del Sud, che pure in questi giorni sta affrontando una nuova ondata di contagi, ha scelto di affidarsi alla politica dei tamponi. Un sistema che le ha permesso di abbassare la curva dei contagi in soli 20 giorni di lockdown soft. Con un ritmo di circa ventimila tamponi al giorno e con la possibilità di indagare sui contatti dei contagiati attraverso gps dei cellulari e movimenti di carte e bancomat, le autorità coreane hanno decisamente messo la salute davanti alla privacy. Un modello che in Europa è guardato con sospetto e che non sembra al momento una strada percorribile.

Abbiamo visto due modelli di contact tracing totalmente opposti: uno basato sulla tutela della privacy e l’altro basato sulla tempestività e sull’azione preventiva a tutti i costi, con tutte le implicazioni del caso. Cosa pensi di come l’Italia sta gestendo il tracciamento dei contagi? Scaricherai l’app Immuni, e se sì come pensi che possa aiutare il Paese a superare la fase 2? Dicci la tua nei commenti.


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