Banco di prova: la scuola italiana fa i conti con l’emergenza

Le scuole, di ogni ordine e grado, sono state le prime che subito dopo gli ospedali hanno subito il contraccolpo dell’emergenza coronavirus. Gli istituti sono stati colpiti per primi dalle misure contenitive contro la diffusione del virus, chiusi dall’oggi al domani e con date di riapertura via via rinviate fino a diventare una chimera. Lo scenario più probabile, mentre scriviamo, è quello della riapertura a settembre. Ma come? E quali peculiarità ha messo in luce quest’emergenza piombata senza preavviso sul nostro Paese?

La didattica a distanza

Il Ministero dell’Istruzione si è mosso tempestivamente per restare al fianco di dirigenti e docenti, spiazzati da questa situazione senza precedenti. Sul sito del Ministero sono state diffuse linee guida e suggerimenti pratici da applicare per garantire agli studenti un’esperienza didattica completa e formativa.

Garantire la partecipazione di tutti è stata la preoccupazione primaria. La miniguida per i docenti pubblicata sul portale dell’istruzione lo sottolinea: l’articolo 2 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sancisce il principio di uguaglianza: tutti i bambini e i ragazzi sono uguali, a prescindere dalla loro condizione personale e sociale. Uno dei punti del “Manifesto della scuola che non si ferma” del Ministero dell’Istruzione, richiama il principio della responsabilità, affermando che “il rapporto educativo si fonda sulla fiducia e sulla corresponsabilità. Per questo, insieme, ci attiviamo, in presenza o a distanza, con modalità differenti per raggiungere tutti, con modi e tempi adatti a ciascuno. Nessuno deve rimanere indietro”.

Numerosi i canali e le piattaforme attivati o riconvertiti per l’occasione, ma non mancano le difficoltà nella gestione delle esigenze di vita pratica. I genitori che lavorano in modalità di smartworking si vedono infatti costretti a dividere connessione e spesso dispositivi con uno o anche più figli che devono seguire le attività di didattica a distanza. Per queste situazioni è prevista dal Ministero la massima flessibilità, soprattutto oraria. Le attività possono quindi distribuirsi in fasce orarie diverse per non ostacolare le mansioni di nessun membro della famiglia. Ma abituarsi a questi nuovi ritmi è indubbiamente faticoso.

E gli esami?

Alcuni studenti, per le misure prese, tireranno ingenuamente un sospiro di sollievo. Se l’esame di terza media può considerarsi eliminato, sostituito da una versione facilitata, l’esame di maturità è ancora appeso ad un filo ma la situazione va delineandosi con sempre maggiore chiarezza. Se finora si parlava del 18 maggio come data spartiacque, per un eventuale ritorno sui banchi e la possibilità di procedere con le prove di esame, lo scenario diventa sempre meno probabile. Più realistica l’ipotesi dell’abolizione delle prove scritte e del mantenimento di un’unica prova orale.

Per tutte le classi intermedie non è previsto alcun sei politico, ma tutti gli studenti saranno eccezionalmente ammessi alle classi successive con votazioni finali corrispondenti all’impegno mostrato nel corso dell’anno scolastico.

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“Il 1° settembre è domani: verificare le esigenze delle scuole e intervenire”

Questo il monito di Orizzonte Scuola. Dato che il quadro più realistico, al momento, è quello del rientro in classe a settembre, non bisogna adagiarsi sugli allori e rimandare a dopo l’estate le questioni urgenti da risolvere prima del ritorno sui banchi.

Secondo Rita Cinti Luciani, vicesegretaria PSI, “il coronavirus ha mostrato la fragilità del nostro sistema sociale e la necessità di mettere finalmente in primo piano il ruolo della ricerca scientifica e dei ricercatori , fino a ieri sottopagati e destinati ad una infinita precarietà.”

I mesi che abbiamo davanti devono dunque essere utilizzati in maniera proficua, agendo su due fronti:

  1. quello della didattica a distanza, che deve essere potenziato, garantendo copertura e strumenti adeguati per le famiglie, formazione seria per i docenti;
  2. quello strutturale: per la Cinti Luciani “bisogna agire in via d’urgenza, come si è fatto con alcuni ospedali, perché la scuola rappresenta il luogo di formazione per eccellenza e non possiamo pensare di continuare a tamponare o arrivare ad inizio anno impreparati”.

Come sarà il ritorno?

Mentre si cerca di monitorare l’andamento dei contagi e si cerca già di immaginare il dopo coronavirus, prendono forma i progetti di rientro nelle scuole di ogni ordine e grado. Ma le idee sono ancora confuse e le proposte poco attuabili.

Per Antonello Giannelli, preside a capo dell’associazione di categoria dei presidi italiani (Anp), il ritorno con guanti e mascherine è impensabile. Sia perché i costi non sarebbero sostenibili né per le famiglie né per l’istituzione, sia perché non si può equiparare un edificio scolastico ad un reparto di infettivologia.

Un problema da non sottovalutare è quello del distanziamento sociale, che in un contesto scolastico è praticamente impossibile da attuare. Avanzata, per evitare code e assembramenti, l’ipotesi dei doppi turni. Progetto attuabile a patto di ridurre drasticamente gli orari scolastici e permettere l’ingresso in aula a non più di otto studenti per volta. Un’ipotesi un po’ triste, ma ancora da perfezionare. E poi forse, per quanto ci si possa sforzare di progettare e pontificare, è ancora troppo presto per pensare al futuro.


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